Si è conclusa
l’edizione numero 112 di MIPEL guidata per la prima volta dal giovane Danny Dalessandro e, come sempre,
promossa da AIMPES con stabile al comando un vigoroso Riccardo Braccialini che riposiziona l’evento dedicato alla
pelletteria e l’accessorio come un riferimento internazionale di caratura
sempre più alta. I dati parlano chiaro: +10% di espositori e +17% di
visitatori. Un rilancio costruito anche attorno a un fil rouge che parla di Pop
Art! Questa edizione è stata infatti dedicata a Andy Warhol a 30 anni dalla sua
morte ispirando tutti gli espositori e coinvolgendo la città con una mostra
(visitabile fino al 29 ottobre) a palazzo delle Stelline.
È
nell’affascinante e inaspettato cortile di questo palazzo, incastonato in Corso
Magenta, che ho incontrato Riccardo Braccialini, non per parlare di cifre e
proiezioni bensì per provare a capire quali emozioni e sogni abitino un uomo al
vertice di un organizzazione che sta trainando il rilancio del made in Italy
nel mondo.
È
elegantissimo in un doppio petto verde inglese con una finissima gessatura senape
in contrasto…ma uno stile curato, ad essere onesta, me lo aspettavo. Ciò che mi
colpisce di più è invece l’attenzione che mette nello scegliere le parole per
rispondermi, infatti passano una buona manciata di secondi da quando gli faccio
la prima domanda all’inizio della sua risposta...
Che cos’è per
te la moda? …“Secondo me la moda non esiste, è più un modo di esprimersi: la
moda è il linguaggio degli stilisti e quando ne sposi uno ti leghi a un
espressione vicina al tuo pensiero…se parliamo di stilisti veri, se penso al
mass market allora la moda non esiste…la vera moda è anche osare e non
uniformarsi è un’arte che crea bellezza, come osservare un bel dipinto o
guardare uno spettacolo del Cirque Du Soleil.”
E proprio
nella moda hai deciso di diventare un imprenditore. Quando è successo?
“Sinceramente sono laureato in agraria e la mia azienda è un’azienda di
famiglia…io avevo una grande voglia di lavorare e dopo poco ho scelto di farlo bene e
facendo le cose mi sono appassionato, ma da giovane forse avrei preferito stare
nei campi che realizzare una sfilata di moda e in fondo è un po’ la stessa
cosa…se parli con il presidente di Vivienne Westwood ti dirà che la moda è un
po’ come fare il contadino. Si semina e si raccoglie perché la moda non è
immediata e se vuoi costruirti bene devi lavorare molto sull’immagine e sul
prodotto ed è un processo che dura anni come in agricoltura. Se semini sempre
grano dopo un po’ non cresce più.”
Qual è la tua
definizione di lusso? “Bella domanda! Il lusso a volte è un po’ banale, è facile spendere
molto e definirlo lusso oggi anche nel mangiare c’è questo trend, per me il
lusso invece è avere qualcosa di duraturo esclusivo e che rispecchi i miei gusti.
Il vero lusso è un prodotto realizzato al massimo, penso per esempio a Rolls
Royce come pure a un Kitesurf della Ozone…in fondo ormai ogni categoria
merceologica ha la sua fascia di lusso.”
So che ti
piace leggere, c’è qualche personaggio che può averti ispirato? “Io leggo
soprattutto storie dei grandi personaggi e l’ultimo che mi ha affascinato parla
della vita di Churchill. Uno scapestrato che andava male a scuola e che per tre
volte era stato bocciato per entrare in marina militare, ma poi è diventato
colui che ha fermato i tedeschi e questi personaggi mi piacciono, sono un po’
degli idoli. Quello che però mi piace più di tutti è forse il conte di Monte
Cristo."
Parliamo di
tendenze: nel food la consapevolezza sta cambiando il modo di mangiare e di
produrre. Secondo te anche nella moda subirà delle trasformazioni in questo
senso? "La consapevolezza nel food è già molto diffusa, nella moda è più
complicato come processo e sicuramente più lungo da realizzare. Viviamo in un
mondo super edonistico in cui tutto è immagine e scegliere un tessuto più
naturale e meno brillante perché meno trattato chimicamente è una scelta ancora
ristretta, forse ci vorranno più di dieci anni ma ci sono già tante aziende che
pensano in questa direzione e addirittura certificano i chilometri che ha
percorso un capo di abbigliamento per arrivare in negozio.”
Qualche giorno
fa leggevo un report di Deloitte sulla difficoltà di intercettare l’attenzione
dei millenials. La generazione Z viene ancora dopo e rappresenta il futuro,
come si può imparare a parlare a questi giovanissimi? “I miei figli fanno parte
di questa generazione, ma secondo me sono ancora abbastanza vicini ai
millenials. Il mondo sta cambiando velocemente e i giovani hanno delle esigenze
spesso intuibili, solo che l’industria è guidata da persone grandi non a caso
gli americani sono vincenti in questo: i loro CEO hanno 30 anni. Sembra banale
ma è così, per me è impensabile stare 8 ore a guardare foto da uno smartphone e
forse questo è un peggioramento, ma per le aziende sono più facili da
intercettare. Prima per fare un indagine di mercato bisognava trovare le
persone a casa e contattarle al telefono fisso, ora basta intercettare i trend grazie
ai like dei ragazzi.”
So da una
ricerca che Braccialini è immaginata dalle clienti come una fabbrica di sogni,
ad oggi quali sono invece i tuoi? “Per l’associazione vorrei portare a
compimento l’incarico importante di portare più giovani all’interno e in breve
tempo. Per la vita personale sicuramente stare più con la mia famiglia e avere
più tempo libero. Chiaro che gli imprenditori sono sempre ambiziosi ma un sogno
che vorrei realizzare e che prima o poi realizzerò e quello di andare a
Tokyo…però in moto!"
© Andrea Vittoria Giovannini 2017. All rights reserved.

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